Sento sempre più persone pronunciare frasi del tipo “Mi piace la tua attitudine”, dove attitudine sta per ‘atteggiamento’, ‘modo di approcciarsi’. Questo uso non convenzionale della parola italiana, che principalmente non significa ‘atteggiamento’, bensì ‘propensione’ (si pensi ad esempio a ‘”Mio figlio ha un’attitudine per la matematica”) colpisce in quanto ci dà la possibilità di osservare in tempo reale, relativamente a questo termine, la genesi e lo sviluppo di un fenomeno noto come ‘calco linguistico’. Detto in parole povere, su pressione dell’inglese attitude, che condivide una somiglianza fonetica con attitudine, ma che vuol dire ‘atteggiamento’, la parola italiana attitudine si sta caricando sempre più di un’altra accezione, quella appunto di ‘atteggiamento’, che prima era decisamente secondaria, se non virtualmente inesistente. (Si noti che in inglese, per indicare attitudine nel senso di ‘propensione’ si usa invece il termine aptitude, con la ‘p’ prima della ‘t’).
Ebbene, per quanto oggi questo uso di attitudine in italiano faccia storcere il naso a molti parlanti (me compreso), ci sono buone possibilità che in un futuro non troppo lontano possa apparire totalmente naturale e non destare più alcun problema a chi ascolta. È grossomodo quello che è successo, per esempio, al verbo ‘realizzare’, che fino ad alcuni decenni fa aveva soltanto il significato di ‘fare’, ‘creare’, ma oggi vuol dire anche ‘accorgersi’ – significato mutuato dall’inglese, dove è sempre esistito – come nella frase “Solo più tardi ho realizzato l’errore che avevo commesso”. O ancora, si pensi al volgarismo ‘fottuto’, usato come aggettivo per esprimere frustrazione, rabbia e impazienza verso qualcosa (“Riprenditi i tuoi fottuti soldi!”), ricalcato sull’inglese fucking ed entrato in italiano grazie al doppiaggio e per certi versi confinato ancora in quell’ambito. Ma questa, come si dice, è un’altra storia.